mercoledì 30 gennaio 2008

L`arrivo in Nuova Zelanda

Sono arrivata ad Auckland due giorni fa e ho cominciato a sentirmi meglio, non benissimo (il cuore e` sempre sofferente) ma meglio. Il sole e la gentile accoglienza del mio ospite, Mauro, mi hanno un po` sollevato il morale. Mauro e` uno degli oltre cinquecentomila iscritti a www.couchsurfing.com, un sito geniale attraverso il quale i viaggiatori possono trovare ospitalita` gratuita sui divani di tutto il mondo. Il sito nasce per questo, per viaggiare low cost, ma la possibilita` di risparmiare sull`alloggio non e` ne` l`unica ne` la principale motivazione per i couchsurfers: solitamente chi chiede ospitalita` vuole essere accompagnato nella scoperta di una paese nuovo da qualcuno che ci vive, che esce con autoctoni e conosce luoghi non turistici e chi offre un letto e` mosso dalla voglia di conoscere viaggiatori indipendenti e dalla disinteressata volonta` di aiutarli. Gia`, disinteressata, non si ha nessun diritto ad essere ospitati, anche dopo aver accolto a casa propria altri viaggiatori. Naturalmente, trattandosi di un network che funziona grazie all`altruismo e alla reciprocita` degli associati, non capita quasi a nessuno di restare senza un tetto, chiunque trova ospitalita`, fatta eccezione per chi cerca una sistemazione in un attico newyorkese per Capodanno...
Per quanto mi riguarda, la peculiarita` di questo movimento di globetrotter che piu` mi ha sorpresa ed entusiasmata e` la totale, incondizionata, folle??? fiducia che esiste tra ospiti e ospitati. Io ho chiesto asilo ad un tal Mauro che potrebbe essere il nuovo Pacciani, per quanto ne so. Mauro, senza avermi mai vista, mi ha accolta come una vecchia amica e mi ha dato una copia delle chiavi di casa. Ogni mattina lui va al lavoro e io faccio il cavolo che mi pare, come fosse casa mia.
Beh, casa mia, amici miei, e` una bella villetta di quattro stanze a due minuti dalla spiaggia. E io ho una camera singola, altro che divano....


Comunicazione di servizio: questo e` il mio numero di cellulare neozelandese:
+64 (0)2 10731816. Abusatene, please.

mercoledì 23 gennaio 2008

In Vietnam....





......fa freddo, piove e io sono sempre depressa

domenica 20 gennaio 2008

La petite mort

Come da copione biblico, dopo il paradisiaco soggiorno sull`isola, sono arrivate le lacrime. L`esperienza cambogiana e` stata piuttosto dura, a tratti dolorosa, nonostante il paese sia splendido e semplicissimo da visitare.

La miseria e gli orribili segni lasciati dal regime sono ovunque, non danno tregua: la bellezza mozzafiato dei templi di Angkor e` oscurata dalla penosa presenza di invalidi di guerra e mutilati che mendicano o suonano musiche tristi sul ciglio di strade polverose. Cenare nei romantici dehors sul lungofiume e` impossibile: non appena viene servito un piatto, i bambini che sfilano davanti ai ristoranti sperando di rimediare un panino o qualche soldo, si fermano e fissano il cibo con occhi avidi. E a tutti passa l`appetito. Anzi, purtroppo forse non a tutti. Pare che qui il turismo sessuale minorile sia una vera piaga, e in effetti la capitale e` tappezzata di manifesti per sensibilizzare la popolazione e spaventare i viscidi. Che purtroppo ci sono e sono tanti. Naturalmente non mancano le droghe, che sono tollerate e reperibili ovunque; nelle pizzerie e nei bar si possono ordinare "happy (leggi ganja) pizza" e "happy cocktails" senza rischiare nemmeno una multa. Insomma, in citta` si respira squallore, vizio, corruzione.

Purtroppo anche lontano dalla citta`, al mare, su spiagge cosi`,



non ci si sente mai davvero in vacanza: la costa e` infatti disseminata di edifici (spesso bellissimi palazzi coloniali) in rovina, evacuati nel periodo in cui Pol Pot e i suoi hanno seminato morte nel sud del paese. Ci e` voluto un attimo a realizzare che probabilmente alcuni dei loro proprietari sono finiti nella prigione degli orrori o nelle fosse comuni che due giorni fa ci hanno fatto rivoltare lo stomaco. Meglio non ripiegare sulla montagna, pero`, perche` se si esce dai tracciati o non si e` accompagnati da una guida esperta, si rischia di saltare in aria su uno dei milioni (si stima tra i quattro e i sei) di ordigni inesplosi che ogni anno mutilano o uccidono migliaia di cambogiani, in prevalenza bambini.

Detto tutto questo, se si arriva preparati, si resta incantati dalle bellezze del paese e dall`accoglienza dei cambogiani. Purtroppo pero` oggi non riesco a parlarvene, sono troppo sofferente per la mia tragedia personale, causa di altri fiumi di lacrime e di una ricaduta nel club dei fumatori, dannazione.
Dal giorno dell`addio, questo,



ho il cuore in frantumi. Qualcuno mi aiuti, riportatemi Alex.

I templi di Angkor - Cambogia





venerdì 4 gennaio 2008

Io, Eva

In questo momento sono sulla veranda di una casetta di legno affacciata sul Mekong. Su quest`isola, Don Khon, non ci sono strade, corrente elettrica, acqua calda. Le giornate iniziano presto, i galli cominciano a dare la sveglia alle quattro. Il padrone di casa serve la colazione e gli altri pasti in veranda, ad un metro dalle camere. Siamo sei ospiti, tutti cordiali, silenziosi e discreti. Se riusciamo a rotolare dall`amaca e raggiungere il pontile sotto casa, i pescatori ci portano in barca a visitare le isole vicine o le cascate. A volte ci spingiamo in bicicletta fino all`altro capo dell`isola, distante quattro chilometri. All`ora del tramonto, stremati, ci ritroviamo di nuovo sulla veranda a bere, mangiare e fumare i prodotti dell`orto del papi. Per le dieci dormiamo tutti come neonati, cullati dal vento e dal rumore del fiume e dei suoi abitanti.
E` davvero volgare da parte mia far seguire alla descrizione dell`Eden questa venale informazione, ma mi sento in dovere di condividere con voi la sensazionale scoperta che il paradiso esiste, ed e` davvero per tutti, accidiosi inclusi, anzi, e` soprattutto per loro: un mese di notti immobili, piedi scalzi, cocktail con vista fiume, abbuffate di cibo appena pescato o raccolto, lente passeggiate, ...., costa come una cena per due astemi in un ristorante medio di Milano: sui cento euro.
Questa e` la mia ultima notte a Don Khon e mi sento come la povera Eva, cacciata dal giardino. Si e` pure consumata la candela. Mio malgrado, devo dormire.
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Invece no, non e` stata la mia ultima notte a Don Khon, destino (o Dio) benevolo!
Come da programma, la mattina successiva sveglia all`alba e partenza per la cittadina prevista dal mio itinerario, Pakse. Per raggiungerla ho cambiato tre mezzi (una barca, un autobus stipato e un tuk tuk costipato) e impiegato mezza giornata. Nemmeno due ore dopo l`arrivo, Don Khon, magnetica, mi ha richiamata indietro. Il tempo di andare in banca, spostare un volo, controllare la posta elettronica e via, viaggio a ritroso. Non sono riuscita a resistere alle lusinghe dell`isola, ho avuto bisogno di un`altra razione di manna. C`e` stato un ulteriore, ottimo motivo che mi ha indotta a tornare: e` francese e si chiama Alex.
Passo e chiudo per qualche giorno.







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giovedì 3 gennaio 2008

In Laos


Eccomi di ritorno dopo una lunga pausa. Mi sono presa qualche settimana di meritata vacanza dopo un mese e mezzo di faticose avventure cinesi. E prima di fare commenti sarcastici, provate voi a concludere un lungo soggiorno in Cina con un viaggio di trenta ore sull`autobus per il Laos! Talmente malridotto e sudicio che ho piu` volte temuto di non riuscire a trattenere le lacrime o la sfuriata contro i disgustosi vicini di sedile. E`finita, sono sopravvissuta alla Cina, che pure gia`mi manca.
L`arrivo in Laos ha avuto l`effetto di un balsamo sui miei nervi scossi e sensi offesi. Non credo di essere mai stata in un paese piu` placido. La flemma dei laotiani e`nota in tutto il sudest asiatico, tanto che un detto di queste zone recita "in Cambogia si semina il riso, in Vietnam lo si raccoglie e in Laos lo si ascolta crescere". Nella realta` il popolo laotiano non e`affatto indolente; negli orti, nelle cucine e sulle rive dei fiumi c`e` gente di tutte le eta`, inclusi bambini ed anziani, che si da`da fare. E`vero pero`che lavorare con alacrita` e concentrazione e` una pratica totalmente sconosciuta. Quando poi un laotiano si accorge di essere osservato, subito interrompe la sua occupazione, abbandona gli arnesi, sorride (spesso ammiccando) e saluta lentamente, con voce bassa e cantilenante: "sabai-dee", ciao. Difficile che uno straniero resti impassibile e non si abbandoni lui stesso al languore. Ed infatti le strade sono piene di occidentali che, come in overdose di MDMA, passeggiano molli, con aria trasognata, dispensando sorrisi e saluti. Io, al solito, non mi tiro certo indietro.
Segue....